L’importanza del ruolo della conoscenza nel miglioramento del sistema sociosanitario

La pandemia, purtroppo tuttora in corso e anzi in un periodo di sua drammatica crescita in termini sia di casi che di impatto sulla salute e sui servizi, ha fatto capire a tutti quanto sia importante investire sul sistema sociosanitario non solo in termini di risorse, ma anche di attenzione ed elaborazione. E così lo stesso Il Presidente del Consiglio Draghi nell’illustrare il suo programma di governo ha dichiarato che “Sulla base dell’esperienza dei mesi scorsi dobbiamo aprire un confronto a tutto campo sulla riforma della nostra sanità. Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria). È questa la strada per rendere realmente esigibili i “Livelli essenziali di assistenza” e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La “casa come principale luogo di cura” è oggi possibile con la telemedicina, con l’assistenza domiciliare integrata.”

Insomma com’è normale già dopo pochi giorni il nuovo Presidente del Consiglio ha imparato lo slang della sanità usato da tutti i politici probabilmente senza rendersi nemmeno troppo conto di quello che ha detto o che gli hanno fatto dire. Probabilmente nessuno gli ha detto che quelle frasi che sintetizzavano il Draghi pensiero sulla sanità riproponevano obiettivi e temi della sanità italiana degli ultimi, e mi tengo stretto, cinque anni. Il primato del territorio sull’ospedale ad esempio.

E qui a proposito di primati nel prepararmi alla redazione di questo post mi sono andato a rileggere nel “nostro” sito una delle lettere di Roberto Mancini ed in particolare quella dal titolo “Abbattere i Sette Tabù che ci rovinano” dove troviamo come settimo ed ultimo tabù  il primato dell’ignoranza sulla conoscenza. Rileggiamolo: “La prepotenza di chi oggi governa il mondo è pari solo alla sua ignoranza. Non possiamo più permettere che i moventi principali di chi si candida a ruoli pubblici siano il narcisismo e l’ambizione. Possiamo vivere bene solo se resi consapevoli dalla conoscenza autentica, che è sempre eticamente illuminata. Educazione permanente e accesso al sapere devono essere garantiti a tutti.”

Io ho una sorta di “deviazione” per cui qualunque cosa leggo la filtro alla luce della mia passione per la sanità pubblica. E con questo filtro ho trovato particolarmente adatte ad interpretare ciò che avviene nella sanità della nostra Regione, le Marche, e a ragionare su quale sia la possibile traiettoria di un suo miglioramento. Prendo dalla lettera due parole chiave: ignoranza ed educazione permanente. In realtà queste parole se ne trascinano dietro altre che la lettera pure riporta: l’ignoranza che supporta la prepotenza e l’educazione permanente che consente l’accesso al sapere.

E adesso portiamoci dietro quelle parole per entrare più direttamente nel mondo della sanità o meglio della salute della nostra Regione. Abbiamo visto all’inizio come la pandemia abbia rimesso in moto un ragionamento sul sistema sociosanitario del futuro, quella disegnato o meglio accennato con qualche pennellata anche dalle parole di Draghi. Perché questo sistema cambi ed evolva occorre combattere l’ignoranza e diffondere la conoscenza. Questo punto può essere facilmente esemplificato dal rapporto ospedale-territorio. Perché ci sia quello che a parole tutti auspicano, e cioè, un maggior investimento sulle attività di prevenzione e di risposta distrettuale ai bisogni di salute in un quadro di compatibilità economica complessiva (problema questo che si porrà sempre) non si potrà sfuggire ad una scelta di fondo: rendere più razionale la rete ospedaliera per liberare risorse per il territorio. E questo vuol dire tante cose e non la semplice riduzione nel numero degli ospedali che da sola non potrebbe che peggiorare la qualità della risposta ai bisogni dei cittadini come è avvenuto negli ultimi anni. Vuol dire ad esempio (secondo me, ovviamente):

  1. prevedere una diversa e più “concentrata” organizzazione della rete degli ospedali per acuti dotati di pronto soccorso e impegnati nelle attività in urgenza;
  2. prevedere una rete di ospedali per la cronicità che diano una risposta “di prossimità” alla popolazione anziana in tutto il territorio regionale;
  3. prevedere un sistema di emergenza territoriale che supporti questa evoluzione in modo da garantire in tutti i punti della Regione una pronta ed efficace risposta alle situazioni urgenti a prescindere da una distribuzione capillare degli ospedali per acuti non più possibile anche perché non più razionale.

Questi cambiamenti per avvenire senza strappi hanno bisogno di una politica che ha “conoscenza” ed è capace di condividerla con i cittadini in modo da coinvolgerli negoziando con loro la “nuova” rete dei servizi. Questo approccio è quanto di più lontano ci sia dal modo attuale di fare politica sia di chi governa che di chi fa una opposizione “non strategica” centrata su singole questioni puntuali e sulla montagna di gaffes che la nuova Giunta quotidianamente accumula. Credo che Dipende da Noi il ruolo della conoscenza ce l’abbia chiaro come abbia chiaro che la vera conoscenza è una conoscenza condivisa. Nel piccolo grande mondo della sanità e dintorni della nostra Regione questo approccio nella sua semplicità è talmente innovativo che mi stava per sfuggire il termine “rivoluzionario”.

Claudio Maria Maffei

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