Oltre le opposizioni sterili: come uscire dall’emergenza

Quello che si potrebbe e dovrebbe fare, di fronte alla recrudescenza della pandemia/sindemia Covid-19 e al caos derivante dalla gestione del fenomeno da parte delle istituzioni neoliberali, è presto detto:

  • Far sì che in tutto il mondo i soggetti fragili (di ogni età) e le persone dai 30/40 anni in su possano vaccinarsi, prevedendo esenzioni per chi ha problemi di coagulazione o altri fattori che rendono rischiosa la somministrazione del siero; no vaccini per le donne in gravidanza;
  • Controllare democraticamente il sistema informativo e ridurre al minimo confusione e dissonanze cognitive;
  • Intraprendere, nel frattempo, quanto necessario per garantire che la produzione dei vaccini possa essere effettuata nei vari Stati in maniera autonoma, smantellando gradualmente lo strapotere delle case farmaceutiche;
  • Nessun green pass (a meno che la certificazione non venga rivista e ripensata dalle fondamenta, eliminando assurdità e contraddizioni che abbondano nell’attuale dispositivo, al fine di evitare discriminazioni intollerabili e condizionamenti nocivi soprattutto per la vita sociale di bambini e giovanissimi); obbligo al chiuso – fino a quando necessario – di mascherine e distanziamento (più la solita attenzione ai sintomi del virus e alla temperatura corporea);
  • Investimenti massicci per ricerca e sviluppo sulle terapie anticovid; diffusione delle stesse e confronto serrato con le associazioni di medici impegnate nell’assistenza domiciliare;
  • Rilancio strategico della medicina territoriale e impegno capillare per ridurre la pressione sugli ospedali;
  • Potenziamento della sanità pubblica e dei servizi alla persona gratuiti; assunzione di nuovo personale negli ospedali pubblici; ampliamento delle terapie intensive; riapertura di presidi sanitari a livello locale;
  • Potenziamento dei trasporti pubblici; interventi seri e massicci per mettere le Scuole in sicurezza e garantire il diritto allo studio in presenza (eliminando il vulnus delle aule pollaio);
  • Grande campagna informativa e di sensibilizzazione sull’alimentazione e sugli stili di vita che migliorano le risposte immunitarie (senza tuttavia scadere nel salutismo che condanna i comportamenti individuali deresponsabilizzando il mercato, la politica, i mass media);
  • Adozione di una patrimoniale e di altre forme di tassazione rivolte a persone fisiche e giuridiche ultra-ricche, con lo scopo di sostenere tutte le vittime della crisi pandemica/sindemica (chi ha perso lavoro, chi è stato sfrattato, i familiari dei morti sul lavoro…); preparazione dell’iter necessario per giungere a un reddito di base universale;
  • Interventi concreti, e relativi investimenti, per contrastare il disastro ecologico, tutelare gli ecosistemi, riconvertire l’economia; mettere in discussione radicalmente la retorica del PIL, della crescita a ogni costo, della competizione globale operando in direzione di una società della cura che ci porti fuori dalla società del profitto.

Mettendo insieme queste iniziative la democrazia e la salute pubblica potrebbero essere protette e tutelate senza creare inutili polarizzazioni, funzionali solo alle élite neoliberali e al loro gioco di ristrutturazione del capitalismo di rapina. Nel nostro paese si respira un clima da guerra civile a bassa intensità. Le responsabilità – troppo presto attribuite al nuovo nemico generico dei no-vax (contenitore concettuale slabbrato, senza contorni, utile soprattutto per accomunare qualunque dissenso democratico alle manifestazioni violente di pochi fanatici) – riguardano in parte ciascuno di noi, ma non dobbiamo nasconderci che le autorità stanno completamente trascurando gli interventi strutturali necessari per uscire dall’emergenza. Nel mio piccolo non mi arrendo a una società di mercato pronta a sacrificare i soggetti più fragili e, in questa fase specifica, a imporre il binomio vaccini/lockdown come unica via per affrontare i problemi. Le risposte mi pare stiano altrove: ho provato a offrire le mie.

Paolo Bartolini

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