Rete ospedaliera Marche secondo la nuova Giunta: una propaganda pericolosa da combattere sul piano politico e tecnico

Credo che si debba diffondere una grande preoccupazione per le scelte di programmazione sanitaria che si stanno confusamente facendo nelle Marche. Per quanto confuse è facile riconoscerle se si segue quel  mondo fatto di social e giornali online che ormai sono il principale veicolo di comunicazione anche in sanità.

Le scelte che questa Giunta sta facendo sono le seguenti:

  1. si torna indietro rispetto alla ipotesi di riunificazione in una unica sede di Pesaro-Fano, Macerata-Civitanova Marche, Ascoli-Piceno-San Benedetto del Tronto;
  2. si potenziano i piccoli ospedali territoriali;
  3. si potenziano gli Ospedali con Dipartimenti di Emergenza ed Accettazione di I livello.

Le scelte sulla rete ospedaliera ricordate sopra gli esponenti della attuale Giunta le ripetono come un mantra sia sulle loro pagine Facebook che sulla stampa online. Questa impostazione che l’attuale governo ritiene premiata dall’elettorato punirà nei fatti la sanità marchigiana e quindi i cittadini.

Ricordo che attualmente la rete ospedaliera marchigiana è fatta da 13 ospedali che chiamiamo per comodità di primo livello (anche se a qualcuno manca qualche pezzo …) dotati delle discipline che caratterizzano questa tipologia di ospedali tra cui la medicina d’urgenza, la cardiologia e la terapia intensiva (Urbino, Pesaro, Fano, Fabriano, Jesi, Senigallia, INRCA Ancona-Osimo, Civitanova Marche, Macerata, Camerino-San Severino, Fermo, San Benedetto del Tronto e Ascoli Piceno).  A questi ospedali si aggiungono gli Ospedali Riuniti di Ancona di secondo livello più gli ospedali di area disagiata di Pergola ed Amandola. La stragrande maggioranza di questi ospedali hanno gravi problemi di personale e di operatività in molte loro discipline e si reggono con equilibrismi organizzativi di varia natura che con il Covid-19 sono tutti saltati.

A questi ospedali vanno aggiunti i 13 piccoli ospedali territoriali di cui si favoleggia la “funzionalizzazione” (termine inventato dall’Assessore Saltamartini). Li vado ad elencare: Cagli, Fossombrone, Sassocorvaro, Sassoferrato, Cingoli, Chiaravalle, Loreto, Recanati, Tolentino, Treia, Matelica, Montegiorgio, Sant’Elpidio a Mare.

A queste strutture pubbliche si aggiungono le 8 case di Cura Private Multispecialistiche che dalla recedente Giunta hanno avuto significativi incrementi di budget: Villa Montefeltro, Villa Serena, Villa Igea, Villa Pini, Villaverde, Villa Anna, Stella Maris e San Marco.

Il tentativo di potenziare questa rete ospedaliera che già oggi prevede rispetto agli standard del DM 70/2015 (la norma nazionale di riferimento) almeno tre ospedali di I livello in più affosserà qualunque tentativo di qualificare il nostro sistema sociosanitario. Il bello (anzi il brutto) è che così si affosseranno sia gli ospedali che i servizi territoriali. Gli ospedali verranno affossati perché non ci saranno né sufficienti operatori né sufficienti pazienti per giustificarne il funzionamento (a meno di  non riempirli di pazienti che potrebbero essere meglio gestiti a livello domiciliare o residenziale). Quanto ai servizi territoriali non ci saranno abbastanza operatori per qualificarne il funzionamento.

Il Covid-19 sta insegnando che serve una rete ospedaliera più razionale da una parte e con una capacità di riserva operativa da liberare in caso di emergenza dall’altra. Il che non vuol dire più ospedali, ma meno ospedali con una diversa struttura ed una diversa organizzazione.

Finora c’è stato un grande silenzio del mondo professionale rispetto a questa impostazione della nuova Giunta. Chi lavora nel sistema pubblico non può parlare (lo sappiamo tutti), mentre l’Università e gli Ordini Professionali non parlano per rispetto istituzionale. Ma non si sono sentite (o si sono sentite poco) anche le voci della politica all’opposizione e del sindacato. Quanto ai cittadini sono frastornati e confusi perché poco o nulla è stato fatto per condividere con loro un progetto di sanità che parta dai servizi territoriali e non parta e finisca con l’ospedale. Di fatto a livello di opinione pubblica siamo ancora ai tempi in cui lo slogan era “case, scuole ed ospedali”, il vecchio trinomio di Giuseppe Saragat. La buona politica deve trasformare quel termine “ospedali” in “salute” e costruire un percorso che renda questa trasformazione condivisa, lasciando l’enfasi sugli ospedali a chi dietro i proclami non ha niente, o meglio solo propaganda.

Claudio Maria Maffei

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