Sull’omicidio di Alika

Sento il dovere di intervenire sull’omicidio di Alika a Civitanova Marche come ex attivista nell’immigrazione e tutt’ora attivo nelle carceri e nella giustizia nelle Marche.

La nostra regione ha visto un regresso dell’investimento pubblico sia nel campo della sanità che dei servizi sociali, del lavoro e dell’accoglienza a partire almeno da 10-15 anni.

La corsa alla privatizzazione della sanità e all’idolatria delle eccellenze, all’accatastamento in strutture contenitore di vari tipi di disagio non riconducibili a monostrutture, invece di puntare sul decentramento e sull’inserimento nel territorio diffuso (la gestione del disagio affidata alla comunità esisteva anche decenni se non secoli or sono, poi è stata resa difficile dall’industrializzazione e dall’inurbamento), il mancato investimento nel passaggio delle pratiche di soggiorno dalla polizia all’amministrazione locale, lo svuotamento di una delle migliori leggi sull’immigrazione, frutto del lavoro degli attivisti e pubblicata nel 1998, sono fra le basi di quanto sta avvenendo sempre più frequentemente nella nostra regione.

Le uccisioni di Emmanuel nel 2015 a Fermo, gli spari di Traini a sei migranti nel 2018 per vendicare l’uccisione di Manuela Mastropietro, l’uccisione di Alika non sono stati compiuti da soggetti folli la cui colpa è perciò riducibile, ma da normali cittadini del nostro territorio.

Nel tracciare le colpe delle amministrazioni di centrosinistra nello smantellamento di quanto era stato costruito nelle Marche, vorrei uscire dalle retoriche del “marchigiano bravo costruttore nel piccolo” e denunciare che i buoni comportamenti, se abbandonati, non producono per inerzia buoni risultati, ma ingenerano involuzioni che impoveriscono le collettività, le menti, i cuori, i bilanci, i servizi.

Ciò che purtroppo è successo a Civitanova non è gravissimo solo nell’indifferenza di chi ha ripreso senza intervenire, come avviene anche nelle gang giovanili, ma nel tentativo di coprire, giustificare, arroccarsi su una generica necessità di sicurezza.

Né peraltro è da sottovalutare il pericolo del governo di centrodestra in carica da due anni, che sguazza in questa incultura perchè è la sua, e attacca i diritti delle donne, dei disabili, degli immigrati, di chi non fa parte delle famiglie eterosessuali che danno figli alla patria.

Le Marche hanno un alto numero di morti sul lavoro, un incremento della delocalizzazione.

Un ultimo appunto, riguardante forse sia vittima che carnefice: cercare lavoro è già un duro compito, lo sanno giovani e meno giovani; fare l’elemosina è durissimo ed umiliante.

Lo Stato se ne vuole occupare? Oppure ridurre il suo compito a messaggi rasserenanti di giovani che si ammassano ai concerti dei loro idoli?

Marcello Maria Pesarini

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