537 licenziamenti

L’emorragia costante di posti di lavoro è anche il segno del mancato coordinamento tra la Regione, le forze politiche e sociali. Lavoratrici e lavoratori devono lottare senza trovare sponde istituzionali e alleanze organiche in un conflitto durissimo, mentre le Marche sono terra di conquista delle multinazionali.

Il più che decennale calvario degli operai dell’Antonio Merloni termina con altri 537 licenziamenti.

È una storia che racconta il fallimento del tanto decantato modello marchigiano, i limiti dell’imprenditorialità fatta in casa, la debolezza e la subalternità delle istituzioni. È una vecchia ferita che si riapre di continuo e si assomma a quelle nuove come la vicenda Elica, come il passaggio nelle mani di colossi internazionali di tante realtà produttive (dall’Ariston alla Guzzini, passando per tante aziende medie del territorio regionale). È evidente che la generosità dei lavoratori, ai quali va il nostro sostegno e la nostra solidarietà, da sola non basta.

È tempo che nella nostra regione si apra un confronto per realizzare una Coalizione per il lavoro che – mettendo insieme bisogni, diritti e progetti innovativi – sia capace di generare posti di lavoro e prospettive occupazionali. Il lavoro è il primo dei beni comuni, quello che, come dice la Costituzione, è fondamento del nostro vivere civile.

Progettare i processi che permettono una vera politica regionale del diritto al lavoro richiede oggi un impegno corale di tutti i soggetti coinvolti nella vita economica delle Marche. Intendiamo un’azione comune tra lavoratrici e lavoratori, sindacati, Regione, Comuni, Governo nazionale e imprenditori fedeli al territorio per avviare un piano che non sia subalterno ai giochi delle multinazionali. Un piano che valorizzi i bisogni del territorio, la tutela ambientale, la cura delle persone come straordinarie forze capaci di rinnovare profondamente il modello sociale e civile della nostra regione.

Il movimento Dipende da Noi è disponibile a fare la propria parte in questo percorso, che è anzitutto culturale e politico, prima che economico e tecnico, perché quando si vedono le cose con la passione per la giustizia e per i diritti delle persone, si colgono possibilità che invece non si vedono quando si delega tutto al mercato costruito come un far west dove i prepotenti dettano legge a scapito del bene comune.

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