Che ne faremo della RABBIA?

Se temiamo la rabbia e la mettiamo tra parentesi, rischiamo di smarrire la percezione delle ingiustizie che affliggono la popolazione. Se, al contrario, ci imbeviamo di rabbia senza coltivare misura e ragionamento critico, allora il mondo cominciamo a vederlo e a viverlo per estremi. Ogni occasione sarà quella giusta per esplodere.

Ci aspetta un autunno caldo, la crisi economica incombe, l’emergenza sanitaria è incerta e tutt’altro che superata. Dipende da Noi vuole raccogliere anche le manifestazioni di rabbia delle persone e tramutarle in FORZA costruttiva. La rabbia e le emozioni forti possono, in politica, diventare – come suggerisce la meditazione – legna da ardere nel fuoco della consapevolezza. Esattamente quello che non accade nelle forme più in vista del populismo e dei sovranismi contemporanei. Questi fenomeni alimentano la rabbia dei ceti popolari per incanalarla contro soggetti-bersaglio che nulla hanno a che fare con la crudeltà delle politiche neoliberiste realizzate dagli schieramenti politici di destra e centro-sinistra.

La politica trasformativa, e la democrazia insorgente che ne esprime le istanze, non si fermano alla rabbia per gettare benzina sul fuoco, e tanto meno per dirigerla contro gli ultimi e i penultimi (come si confà alla retorica populista delle destre), ma la assumono come punto di partenza ed energia grezza che va incanalata verso un progetto di ampio respiro.

Le decisioni e le scelte politiche prese per rabbia, contro qualcuno, in nome di un antagonismo di principio, hanno le gambe corte. Non spaventano il potere, che può contare sul gioco ideologico della demonizzazione per spaventare i cittadini e spostare la loro rabbia (ampiamente giustificata) verso gli infiniti capri espiatori della storia. La rabbia che serve, che aiuta a liberarsi dall’oppressione, è quella che non si innamora di se stessa e ambisce a diventare FORZA emancipativa: una forza che smuove le montagne e punta a un mondo giusto.

Paolo Bartolini

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