PROGRESSO è una parola tutta moderna. Spesso ha nascosto in seno l’inganno di un progresso uguale per tutti, coincidente con il rifiuto delle culture tradizionali, dei legami di prossimità, delle forme di cura e di convivenza non moderne. Questo lato del progresso è quello incarnato dal combinato disposto di economia di mercato e tecnoscienza. Esiste però anche un progresso come emancipazione, liberazione dai pregiudizi e dalle presunte “gerarchie naturali” per cui al vertice della piramide c’è sempre l’uomo bianco, eterosessuale, occidentale, borghese e benestante.

Il progresso per cui batterci oggi muove dalla consapevolezza che le coordinate della politica dell’Ottocento e del Novecento, quella che prefigurava un futuro raggiante garantito dagli avanzamenti scientifici e dall’espressione completa delle nostre capacità produttive, vanno riconsiderate attentamente. Crescere a qualunque costo è progresso? Potenziare le tecnologie in assenza di controllo democratico è progresso? Inserire microchip sotto pelle per aumentare la “sicurezza” pubblica è progresso? Scatenare gli spiriti animali del mercato con la speranza di far sgocciolare un po’ di benessere dall’alto su masse sempre più impoverite, è progresso? Costruire grandi opere inutili, vere mangiatoie per la criminalità organizzata, a dispetto dei bisogni degli abitanti del luogo, è progresso?

Domande retoriche. La parola progresso può ancora significare qualcosa se l’idea di un avanzamento e miglioramento delle condizioni di vita diventa pienamente compatibile con: i diritti di autodeterminazione delle donne e degli uomini, gli equilibri naturali, l’ampliamento per tutti di diritti del lavoro e civili, la disponibilità di più tempo per la cultura, per l’arte, per la formazione, l’accoglienza dei bisogni di base di ogni umano indipendentemente dalla sua origine geografica, dal colore della pelle, dall’identità di genere, dall’orientamento sessuale ecc. Un progresso autentico non abbraccia l’ipervelocità degli scambi finanziari, la frammentazione sociale e il gigantismo delle organizzazioni.

Al contrario, il PROGRESSO che dipende da noi è quello che punta a promuovere la dignità delle persone al posto dell’economia astratta, il controllo democratico invece del leaderismo per acclamazione, la cura della terra, del mare, di tutti gli elementi vitali che rendono il nostro pianeta (e il nostro territorio) degno di amore. E soprattutto, se pensiamo alle nostre Marche, progresso è aprire finalmente un canale percorribile tra cittadini e istituzioni, senza che quest’ultime vengano sequestrate simbolicamente da logiche affariste o dal semplice mantenimento dell’ordine vigente.

Paolo Bartolini

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