Solo gli ingenui non si accorgono del passaggio di fase che il fenomeno coronavirus sta accelerando in questi mesi. Il neoliberismo e le sue ricette si sono rivelati persino più dannosi della pandemia in corso. Rompendo i delicati equilibri dell’ecostistema globale e indebolendo gravemente i servizi pubblici pensati per tutelare la salute dei cittadini, i centri di potere del capitalismo finanziario/predatorio hanno creato le condizioni per l’odierna emergenza. A questo bisogna RESISTERE. Ma come?

Ad esempio avendo ben chiaro che non “andrà tutto bene” se pensiamo di affrontare il “dopo” con il medesimo strumentario concettuale che ci ha gettati nel baratro. Dobbiamo incoraggiare tutte le persone a ritrovare quella CREATIVITA’ che sola può aiutarci a immaginare altrimenti la realtà. La forza di qualunque potere sta nel presentarsi come unico e insuperabile, orizzonte definitivo per ciascuno di noi. Invece, come dimostrano le reti di solidarietà, di economia alternativa e di critica costruttiva del presente sparse in tutto il mondo, è possibile e necessario pensare a forme di convivenza dove l’economia venga rimessa al servizio della vita, dei bisogni, della giustizia.

Nei prossimi mesi è forte il rischio di trovarci dentro la cornice di una narrazione tossica, la medesima che domina la scena da troppi anni. Ci diranno che non ci sono i soldi, che dovremo convivere con una precarietà ancora più forte, che non possiamo sognarci un lavoro sicuro, una pensione, che dobbiamo tutti fare grandi sacrifici (sul piano economico, lavorativo e delle libertà individuali). Sappiamo che nelle situazioni di eccezione il potere trova ancora di più la propria ragione d’essere. Proveranno – i soliti noti – a calare dall’alto qualche soluzione geniale per rilanciare i consumi di massa, senza per questo poter garantire diritti, protezione dell’ambiente, sviluppo umano e ridistribuzione della ricchezza (che non manca ed è nelle mani di pochissimi). Il sistema, in altre parole, vorrà farci credere che è suo compito riorganizzare la società in maniera “funzionale”, dopo aver contribuito massicciamente a smantellare tutti i legami

vitali e democratici che rendono un gruppo sparso di umani una vera comunità responsabile e sostenibile.

Ecco, rifiutare questa narrazione significa metterne in campo un’altra (insieme ad azioni concrete). Dobbiamo finalmente mettere al centro del futuro che viene la partecipazione, il controllo democratico delle decisioni politiche, la cura. E’ tempo di abbandonare le vecchie strade battute e di riprendere in mano l’organizzazione della vita collettiva. Per farlo saranno indispensabili resistenza e creatività, là dove ci proporranno il boccone avvelenato dell’ubbidienza e della passività.

Paolo Bartolini

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