In politica, lo sappiamo tutti, alcuni sogni sono presto diventati incubi. Sì, perché hanno perso il contatto con la realtà. Sognare, infatti, non è fantasticare, stare con la testa tra le nuvole, bensì illuminare ciò che esiste con il fascio di luce del possibile. Chi ritiene che la storia sia finita, e che la società di mercato sia l’orizzonte insuperabile per l’umanità, manca non solo di immaginazione, ma di sensibilità e coraggio.

Oggi più che mai lo sguardo da coltivare è quello di chi intravede nel presente un futuro corale. Rinnovare i rapporti sociali e di produzione significa, nel tempo del calcolo economico e dell’ipertrofia della tecnica al servizio del capitale, riscoprire la speranza, sognare una trasformazione autentica. Ci diranno che le nostre sono solo “fantasie”, “sogni a occhi aperti”, “illusioni”, “false speranze”… Parla così chi ha smesso di sognare per sé e per gli altri un mondo più giusto e più vivo, e sceglie di recitare la sua parte dentro il sogno di onnipotenza di qualcun altro.

Noi continuiamo a sognare, senza staccare i piedi da terra. Perché il nostro destino non è quello di essere cose tra le cose, ma persone in viaggio verso la liberazione.

Paolo Bartolini

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