Il linguaggio è importante, lo sappiamo. La parola TENEREZZA, tanto più in queste ore così delicate segnate da provvedimenti necessari e vincolanti, è un virus buono che può traghettarci dall’indifferenza alla partecipazione. Purtroppo, il più delle volte, concetti così densi e trasformativi vengono ricondotti nel perimetro della vita cosiddetta “privata”, estromessi dal discorso collettivo, nel quale trionfa invece la retorica bellica della forza, della supremazia, del successo o della resa.

Chi si impossessa di una parola e la mette in circolo nel corpo della società può avvelenare o guarire. Pensiamo al termine “buonismo”, adoperato per squalificare in modo sarcastico alcune qualità umane fondamentali come l’accoglienza, la comprensione, la prossimità, il prestare soccorso. Essere buoni, in questa fase incerta della vita pubblica italiana, significa essere considerati sciocchi, ipocriti e, nel migliore dei casi, poco realisti o inconcludenti. Anche la parola “intellettuale” suscita immediata sfiducia e ripulsa, come se studiare, approfondire e dedicare tempo alla cultura comportasse necessariamente una superba presa di distanza dai bisogni delle persone comuni. Ecco, allora, che persone serie e dedite alla riflessione e alla scrittura, diventano “professoroni” avulsi dalla concretezza della realtà quotidiana.

Dipende da Noi, invertendo consapevolmente la rotta rispetto a queste tendenze, ha scelto non a caso come persona di riferimento Roberto Mancini, professore universitario e intellettuale di valore internazionale. Ciò è accaduto non solo per le qualità umane indiscutibili di Mancini, ma per un motivo più sottile. Pensiamo, infatti, che chi raggiunge il ruolo di educatore, insegnante, professore, e quindi assolve un compito decisivo di trasmissione culturale e di stimolo per le nuove generazioni, deve aver sviluppato in tanti anni di formazione la capacità di imparare, apprendere, ascoltare e rielaborare. Senza questa disposizione a prestare attenzione e a farsi ammaestrare dalla vita, non si può insegnare nulla agli altri e, soprattutto, non si può continuare ad apprendere dall’esperienza giorno dopo giorno (cosa che con Mancini tutti i sostenitori di Dipende da Noi vogliono fare sempre di più).

Infine torniamo alla TENEREZZA. Una politica che non sia capace, nei toni, nei contenuti e nelle azioni, di diffondere tenerezza verso le fragilità umane e degli ecosistemi, cura e premura per ciò che è riposto al centro della nostra umanità, può solo alimentare logiche dure, fatalismo e sfiducia. La Regione che vogliamo è quella che permetta a ogni cittadino – e in particolare ai piccoli e agli anziani – di avvertire una presenza silenziosa e costante che è comunione di vita. Da questo silenzio fecondo nascono le parole più vere e le risposte ai bisogni collettivi e individuali. Impariamo dunque a essere teneri con il mondo che è in noi e fra di noi, e a prendercene CURA. Questa è la rivoluzione che il potere teme di più.

Paolo Bartolini

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