Che sia femmina. No, che sia femminista!

Il mio augurio per il futuro è che sia femminista è e non solamente che sia femmina.

La differenza è d’obbligo perché i due termini, femmina e femminista, non sono affatto sinonimi ne equivalenti.

Le femmine (esseri viventi di sesso femminile) rappresentano circa la metà della popolazione e quindi non sono identificabili con una delle tante categorie sociali codificabili ma sono identificative al pari dell’alta componente maschile che ha quasi lo stesso peso numerico.

Femministe (o femministi) sono coloro che rivendicano i diritti economici, civili e politici delle donne contestando la visione stereotipata della donna e propongono nuove relazioni tra i generi basate sulla parità.

Ritengo che il femminismo rappresenti la priorità delle priorità perché sono due i grandi principi a cui è strettamente legato.

1 – Femminismo come abbattimento degli stereotipi

La nostra cultura è infarcita di stereotipi che nascono dalla percezione che diverso possa significare sbagliato e, quindi, da sottomettere strumentalizzando e trasformando arbitrariamente quanto appartiene ad una cultura antica in cui miti e leggende raccontavano storie diverse da quelle di oggi. Nell’antica civiltà greca c’erano donne come Lisistrata (411 a.c.) che rivendicò la capacità di amministrare la cosa pubblica da parte delle donne e che si oppose alla guerra proclamando lo sciopero del sesso che oggi, invece, è tentativo di possesso degli uomini sulle donne.
Molti stereotipi sono frutto quelle culture antiche, tra mito e realtà, costruiti per giustificare scelte di potere degli uomini realizzando società maschiliste di cui ancora subiamo gli strascichi. (Basti pensare al tema dell’assegnazione del cognome che, malgrado pronunce e sentenze dei Tribunali, in Italia avviene in automatico solo per il cognome paterno.)
Auspicare un futuro femminista significa guardare ad una società senza gli stereotipi, non solo di genere, ed una conseguente armonizzazione delle visioni ed il riconoscimento in quanto persone il cui valore scaturisce proprio dall’essere soggetti unici ed irripetibili.
Una società femminista e senza stereotipi è una società che restituisce valore alle differenze.

2 – Femminismo come realizzazione di nuove relazioni

La costruzione di nuove relazioni tra i generi e tra le persone riconosciute in quanto tali è l’effetto del femminismo che smonta gli stereotipi e ci libera dal potere inteso come supremazia e controllo.
Una società libera dal potere chiede a tutte le persone di lavorare insieme senza barriere e precomprensioni con la consapevolezza di un bene collettivo superiore basato sulla gratuità del dare e del ricevere e su rapporti paritari nella consapevolezza che solo insieme si raggiungono i risultati migliori.
Nuove relazioni significa vivere in armonia e costruire ogni giorno la pace di cui abbiamo tanto bisogno per poter costruire insieme un mondo migliore.

Come ritengo sia evidente il femminismo rappresenta la chiave per il superamento di ogni tipo di differenza e prevaricazione ed è fondamentale per realizzare una società più equa.

Si tratta di un augurio utopico? Non credo perché in alcune società questo c’è sempre stato ed avviene ancora oggi e, per questo, voglio donarvi un’occasione di approfondimento con un libro ed un film, per il prossimo anno.

Francesca Rosati Freeman è un’antropologa culturale che ha raccontato i suoi studi (in un libro e in un film) sulla cultura dei Moso che è una minoranza etnica cinese di circa 40 mila persone e che vive in vari villaggi attorno al Lago Lugu, nello Yunnan ai piedi dell’altopiano tibetano. Il popolo Moso è organizzato in un sistema socio-culturale matriarcale e a guidare la famiglia è la dabu, cioè la donna anziana, e tutti i suoi discendenti portano il cognome materno. Nel loro sistema familiare non esistono matrimonio o convivenza, non c’è riconoscimento giuridico della paternità e il padre può avere con i propri figli un ruolo affettivo ma non può esercitare diritti o avere obblighi materiali. Questa organizzazione sociale e familiare si affianca alla pratica del consenso e il risultato porta ad una totale assenza di violenza sia sociale che domestica.

Quando parlo di una società femminista non auspico nessun estremismo: eliminiamo definitivamente il patriarcato senza sostituirlo con il matriarcato.
Realizziamo una società paritaria, una democrazia paritaria in cui i diritti sono uguali e la diversità è un valore.

Paola Petrucci

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