Il ritorno dell’austerity e le nuove sfide per il mondo sindacale

I Governi succedutisi in Italia negli ultimi 30 anni hanno messo sotto attacco i diritti dei lavoratori, adducendo quale scusante per le misure intraprese l’eccesso di debito e la carenza di soldi. Quanto dichiarato dai politici dell’arco parlamentare può essere facilmente smentito evidenziando i finanziamenti elargiti a esercito e casta padronale. Di fatto, oggi le spese sociali sono sotto attacco principalmente perché si vogliono attestare le spese militari al 2% delle uscite del bilancio pubblico italiano. La lobby delle armi e i super-profitti non sono oggi tassati al giusto livello.

A questo si aggiungono misure di finto welfare. È stato recentemente deciso, a esempio, che lo Stato dovrà pagare a 500 mila imprese il 120% degli stipendi dei nuovi assunti; com’è noto, interventi di questo tipo non producono occupazione. Disoccupazione e precarizzazione del mondo del lavoro, tra l’altro, fanno gli interessi dello Stato.

Negli ultimi 20 anni il debito pubblico è aumentato enormemente, il che ha costretto i lavoratori ad accettare le peggiori condizioni lavorative pur di sopravvivere. La povertà, secondo il neoliberismo, è una colpa. Questo ha giustificato la redistribuzione delle ricchezze a esclusivo favore delle classi agiate.

Il lavoro irregolare interessa oggi 3 milioni di persone e solo il 14% delle nuove assunzioni è a tempo indeterminato. Tra l’altro i sondaggi sono soliti fare una cosa altamente immorale: ovvero chiamare occupati lavoratori che si trovano a vivere sotto la soglia di povertà. Si contano 12 milioni di inattivi, in gran parte donne che non possono lavorare perché costrette al disbrigo dei servizi di cura tra le mura domestiche.

Le difficoltà del proletariato con la sanità pubblica sono in aumento, anche a causa delle misure di austerity adottate dal Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti. Giorgetti intende tagliare ai servizi pubblici una quantità d’euro che va dai 12 ai 13 miliardi all’anno, nella speranza che l’Italia compia un pazzesco balzo in avanti. Nel 2026 per la sanità verrà investito solo il 6,1% del PIL. I tagli alla sanità, a ogni modo, non devono essere imputati al Governo Meloni: la rotta era stata infatti tracciata dal Governo Draghi quando l’Italia si trovava ancora in lockdown. Sono da imputare principalmente al Patto di Stabilità, il cui principale artefice è stato il Partito Democratico nella figura di Paolo Gentiloni.

Tutti i partiti parlamentari sono interessati a un aumento delle spese militari. A tal fine si dimostrano accondiscendenti verso le politiche di austerity intraprese dal Governo Meloni su direttiva dell’Unione Europea.

I lavoratori italiani si trovano in una posizione di ricattabilità perché manca un piano pubblico per l’occupazione. 200 mila lavoratori si vedono quotidianamente violare diritti che gli dovrebbero essere invece garantiti. Mancano seri interventi fiscali. Dal punto di vista delle successioni ereditarie l’Italia è il Paradiso fiscale d’Europa. Il salario minimo è stato rifiutato da tutti per anni; oggi, invece, anche il partito gorbachevista Azione – guidato da Carlo Calenda – si pone in sua difesa, compiendo però l’ipocrisia di non indicizzarlo all’inflazione.

Secondo Giorgia Meloni il cuneo fiscale serve affinché i lavoratori non richiedano aumenti salariali alle imprese. La riduzione delle aliquote operata dall’attuale Governo dà agli italiani solo una mancetta. La riduzione delle aliquote ha di fatto preso il via negli Anni Settanta, e al solito ne beneficeranno esclusivamente i più ricchi. Il fisco è oggi finanziato per l’80% con redditi da lavoro dipendente.

L’ideologia neoliberista è un’ideologia radicalmente individualista; intende aumentare il potere in mano all’individuo, ma così facendo riduce l’importanza della sfera comunitaria. La CISL, in quanto sindacato ‘di destra’, ne ha accettato integralmente la prospettiva, arrivando ad affermare – secondo una prospettiva più calvinista che cattolica – che l’individuo deve sottostare alle condizioni cui lo pone la vita. L’individuo, secondo questa visione, deve quindi combattere contro il suo vicino per accaparrarsi briciole di ricchezza.

Recentemente sono scoppiate importanti mobilitazioni sindacali globali che hanno coinvolto persino gli Stati Uniti, ma non l’Italia. Questo perché in Italia i padroni hanno disarticolato e frantumato il mondo lavorativo, creando condizioni che consentono a persone con otto tipologie contrattuali differenti di lavorare nella stessa fabbrica. Pur non abbracciando in toto l’ideologia neoliberista, inoltre, anche CGIL e UIL la tollerano.

A partire dagli Anni Novanta CGIL e UIL hanno creduto di poter lavorare di comune accordo con il Governo; solo recentemente hanno capito che questa strada non può essere percorsa. Riconosciuta la concertazione con il Governo quale errata e impossibile, CGIL e UIL hanno avviato una serie di battaglie; in questo contesto va a collocarsi la raccolta firme avviata in questi giorni. Questa mira a istituire un referendum avente quali oggetto quattro requisiti:

1. Abrogazione delle norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi;
2. Abrogazione delle norme che facilitano i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese;
3. Abrogazione delle norme che hanno liberalizzato l’utilizzo del lavoro a termine;
4. Abrogazione delle norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.

Per restaurare la credibilità della lotta e la volontà di portarla avanti, ora e sempre, si dovrà bandire ogni sorta di concertazione con il ceto padronale. Il potere contrattuale dev’essere aumentato, al fine di portare avanti la bandiera del movimento operaio.

Dal punto di vista del bene comune l’Italia è oggi in una condizione irrazionale: alcuni lavoratori, infatti, vengono sfruttati, mentre altri non lavorano affatto. Si fa ogni giorno più necessaria una battaglia istituzionale che unisca l’intero mondo sociale e lavorativo, perché il futuro dell’Italia dipende da noi.

Christian Trevisti

Fonte: Antonello Patta. Per una decostruzione delle politiche sul lavoro del governo – Rifondazione Comunista