Perché esiste la guerra e non la pace?

Questa è una delle domande più ricorrenti in un periodo così drammatico come il nostro dato che nel mondo sono in atto numerose guerre di ogni genere, a partire da quella Russa-Ucraina e Israelo Palestinese, fino ad arrivare alle numerose guerre dimenticate, come quelle in Afghanistan, Somalia e nella Repubblica democratica del Congo.

Ci sono ancora persone che ritengono la guerra un fattore naturale, proprio come affermava il filosofo Immanuel Kant e la pace come qualcosa di artificiale, difficile da costruire. Questa teoria può essere facilmente decostruita grazie alla ricerca antropologica infatti esistono numerose società nelle quali la guerra non viene praticata e addirittura ci sono 21 stati senza esercito quindi senza forze armate. Un esempio può essere quello della Costa Rica che, in seguito alla guerra civile del 1949, ha deciso di proibire la formazione di un esercito. Questo clima pacifico ha generato nel paese la consapevolezza che le armi non sono necessarie per la risoluzione dei problemi e ha permesso di investire molto sull’educazione coltivando relazioni basate sull’affetto, sulla cura e sul dialogo, volte alla creazione di soluzioni creative di fronte ai conflitti.

Un altro fattore che rallenta molto l’abolizione della guerra è quello economico, infatti le aziende che forniscono armi agli stati stanno guadagnando cifre esponenziali e tra queste ci sono anche quelle italiane come la Beretta che vende armi all’esercito americano o nel campo dell’Aviazione la Leonardo che produce computer per gli aerei da combattimento.

Ma come si può contrastare una così forte politica di guerra punto interrogativo una soluzione potrebbe essere quella suggerita dal giurista Luigi Ferrajoli “abbiamo reso tabù l’omicidio dobbiamo rendere tabù anche la guerra”, favorendo una politica basata sulla non-violenza come metodo che permette di superare il conflitto e come scrive Johan Galtung “lavorare in senso costruttivo aprendo spazi per la pace e per mediazioni intelligenti ed efficaci”.

Essendo la guerra un fattore culturale può essere decostruita tramite l’educazione che da sempre ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione dei giovani come dice Maria Montessori “in questo mondo si educa per la competizione e la competizione è l’inizio di ogni guerra”. La soluzione potrebbe essere quindi educare verso la cooperazione, stimolare la solidarietà e l’empatia favorendo lo sviluppo della creatività intesa come ricerca di soluzioni imprevedibili favorite da un dialogo attento ed aperto.

Marta  Fioravanti