Al bivio tra ospedale e territorio scegliamo il territorio

Sto dedicando una buona parte della mia attività di divulgatore sui temi della organizzazione sanitaria a cercare di spiegare perché di troppi ospedali il nostro sistema sanitario regionale delle Marche può morire. Lo farò anche oggi con questo post cercando di rendere semplice un problema complesso e me ne scuso in anticipo.  L’obiettivo è quello di ricordare che la nostra sanità è a un bivio (o più ospedale o più territorio) e che la strada giusta (più territorio) è diversa da quella presa dalla attuale Giunta (più ospedale).

Per ragionare sui motivi per cui troppi ospedali sono un pericolo per un sistema sanitario abbiamo bisogno di chiarire preliminarmente cosa è oggi un ospedale. Un ospedale è una struttura sanitaria che assiste persone con problemi di salute di tale gravità da richiedere che ci sia la presenza continuativa nelle 24 ore di personale sanitario e che ci sia in particolare la presenza di un medico. Solo per ricordarcene, per avere in turno per 24 ore un professionista sanitario c’è bisogno di avere in organico sei operatori di quella figura professionale dedicati allo scopo. Tutte le altre caratteristiche di un ospedale (quanti reparti e servizi e di che tipo) dipendono dal tipo di ospedale. Le diverse tipologie di ospedali sono fissate dal DM 70 del 2015, un Decreto Ministeriale chiamato anche dagli addetti Decreto Balduzzi. Secondo questo Decreto gli ospedali si distinguono innanzitutto tra monospecialistici e “generali” (nelle Marche di monospecialistici ci sono solo il Salesi per l’età pediatrica e l’INRCA di Ancona per l’età geriatrica). Gli altri ospedali, quelli “generali”, sono distinti per livelli di complessità crescente: di area disagiata, di base, di primo livello e di secondo livello. Tutti questi tipi di ospedale generale svolgono attività per acuti (quindi per pazienti che hanno bisogno urgente di assistenza ospedaliera) e una attività di Pronto Soccorso. Ovviamente più la complessità del tipo di ospedale cresce e più cresce il numero di reparti e servizi di cui deve disporre.

Nelle Marche il tipo più comune di ospedale è quello di primo livello che deve avere secondo il DM 70 tutte le caratteristiche che seguono (lascio l’elenco in corsivo, così lo saltate e lo leggete solo se andando avanti vi verrà di farlo). Deve essere una struttura con un bacino di utenza compreso tra 150.000 e 300.000 abitanti, dotata di un Dipartimento di Emergenza Accettazione (DEA) di I livello con un Pronto Soccorso dotato di posti letto di Osservazione Breve e di Medicina d’Urgenza. Deve avere le seguenti specialità che operano in regime di ricovero: Medicina Interna, Chirurgia Generale, Anestesia e Rianimazione, Ortopedia e Traumatologia, Ostetricia e Ginecologia (se prevista per numero di parti/anno), Pediatria, Cardiologia con Unità di Terapia Intensiva Cardiologica (U.T.I.C.), Neurologia, Psichiatria, Oncologia, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Urologia con servizio medico di guardia attiva e/o di reperibilità oppure in rete per le patologie che la prevedono. Devono essere presenti o disponibili in rete h. 24 i Servizi di Radiologia, Laboratorio, Servizio Immunotrasfusionale. Per essere di primo livello un ospedale dunque deve avere una lunga serie di reparti e servizi attivi anche di notte con la presenza continuativa di specialisti medici per garantire eventuali urgenze interne ed esterne.

Questa organizzazione moltiplica ovviamente il numero di operatori di cui un ospedale ha bisogno. Per molte attività quasi la metà del tempo di lavoro degli operatori è dedicata alla “attesa” delle urgenze. Si capisce subito che se tu le concentrassi in un numero minore di ospedali libereresti molte risorse per la attività programmata. Facciamo un esempio con l’attività ortopedica e traumatologica collegata. Gli ospedali A e B sono vicini e sono entrambi sono di primo livello. Entrambi avranno la guardia (e quindi la copertura continuativa delle 24 ore) ortopedica, la guardia anestesiologica e la guardia del personale del blocco operatorio. Questa organizzazione assorbe risorse che riducono la attività programmata (gli anestesisti come gli ortopedici non si clonano) con conseguente allungamento delle liste di attesa e spesso frustrazione professionale degli ortopedici che si prendono molti rischi per l’attività traumatologica e hanno poco spazio per la loro attività di chirurgia ortopedica programmata. I pazienti così aspettano e vanno, purtroppo sempre più spesso assieme agli stessi ortopedici, negli ospedali privati che nelle Marche non fanno urgenze perché loro (e solo loro) nelle Marche fanno parte della categoria degli ospedali definiti dal DM 70 “con compiti complementari e di integrazione”. In pratica, fanno quasi solo quello che gli pare.

L’esempio della ortopedia-traumatologia spiega abbastanza efficacemente perché il famoso Decreto Balduzzi abbia fissato dei criteri che limitano il numero degli ospedali di primo livello in modo da averne nelle Marche una decina. Se ne hai di più inevitabilmente disperdi le risorse e “diluisci” le casistiche. Facciamo un altro esempio: le terapie intensive. Sono i reparti a maggior assorbimento di risorse perché per ogni posto letto devi avere in organico da due a tre infermieri e devi avere sei rianimatori almeno a disposizione per la guardia nelle 24 ore. Se hai terapie intensive sotto gli 8-10 posti letto (quanti ne potrebbe seguire un rianimatore) e dove ne potresti avere una da dieci ne hai invece due da cinque tu “sprechi” sei specialisti rianimatori. Quelli che ti servono per la doppia guardia. Per questo secondo il Balduzzi le Marche dovrebbero avere solo 10 ospedali con terapia intensiva contro i 13 che invece ce l’hanno.  E siccome gli specialisti medici che fanno le guardie anestesiologiche fanno parte delle stesse equipe che garantiscono anche le guardie anestesiologiche a supporto del Blocco operatorio ecco che i due ospedali A e B di primo livello vicini si trovano a svolgere una attività chirurgica programmata ulteriormente ridotta.

Una organizzazione ospedaliera così dispersiva si riflette negativamente sui servizi territoriali cui la rete ospedaliera sottrae risorse.

Come si esce da questa situazione? Con una programmazione diversa che razionalizzi la rete riducendo gli ospedali in modo da investire sul territorio. Che è quello che la attuale Giunta non sta facendo perché in campagna elettorale si è presa in modo a mio parere in modo non onesto l’impegno di non chiudere nessun ospedale, di non accorpare le coppie di ospedali tipo quella nominata prima degli ospedali A e B (Pesaro-Fano, Macerata-Civitanova Marche, Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto) e di riaprire addirittura i piccoli ospedali a suo tempo riconvertiti a Ospedali di Comunità. Con la scorrettezza che le è tipica questa Giunta chiama potenziamento della sanità territoriale (più ospedali dappertutto) ciò che è invece impoverimento ulteriore dei servizi territoriali. Ovviamente una programmazione diversa va costruita con la partecipazione consapevole di cittadini, operatori e forze sociali.

P.S.: Gli ospedali classificati come ospedali di primo livello nelle Marche sono questi: Urbino, Pesaro, Fano, Senigallia, Jesi, Fabriano, Civitanova Marche, Macerata, Fermo, San Benedetto del Tronto ed Ascoli Piceno. Di secondo livello c’è solo Torrette. Gli altri ospedali generali tutti con attività di Pronto Soccorso sono Pergola, Osimo, Camerino (ha anche la terapia intensiva), San Severino e Amandola.

Claudio Maria Maffei

Write a comment