Il PNRR non è la Befana del Carabiniere

Sta per arrivare il 28 febbraio, la data entro la quale la Regione Marche deve mandare al livello centrale i progetti per l’utilizzo dei primi 183 milioni della Mission 6 Salute del  Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Purtroppo del PNRR si tende a parlare spesso in modo generico, fenomeno ancor più accentuato nelle ultime settimane quando la continuità di Draghi come Presidente del Consiglio ha fatto tirare a tanti un sospiro di sollievo nella convinzione che con Draghi il PNRR sarà in Italia una cosa seria e lui lo saprà dimostrare all’Europa.

Che il PNRR debba essere considerata una cosa seria è fuori discussione. Certamente lo è nella dimensione economica viste le cifre complessivamente in gioco. Dal sito ufficiale del PNRR (Italia domani)  impariamo che il Piano ci mette a disposizione 191,5 miliardi integrati dallo stato con altri 30,6 miliardi per investimenti complementari. Per la Mission 6 Salute sono previsti complessivamente 20,22 miliardi come ricostruito molto bene da Franco Pesaresi.

Nella sanità (termine in cui ricomprendo sempre la componente sociale del sistema salute) queste risorse sono in larghissima misura a gestione regionale e sul loro utilizzo si gioca la credibilità della Giunta, ma soprattutto la sanità di domani dei marchigiani. I segnali che stanno arrivando fanno temere il peggio, visto che a distanza di poche settimane dalla scadenza della loro presentazione dei progetti per quei 183 milioni non si sa quasi niente. E quel poco che si sa sarebbe meglio non saperlo.

Il PNRR è tutt’altro che perfetto. Tecnicamente si potrebbe dire anche che è fatto abbastanza male. Ma una idea di una nuova sanità ce l’ha e la dà. Una sanità che punta a spostare il baricentro dell’assistenza dall’ospedale al territorio nella convinzione che qui si giochino le due partite più importanti: quella della prevenzione (purtroppo un po’ trascurata dal PNRR) e della risposta alla cronicità. Anche la cronicità è un termine spesso usato in modo automatico, senza consapevolezza del suo significato nella vita delle persone che ne sono colpite e delle loro famiglie. La cronicità è quella condizione sempre più comune per cui chi ha una – o più spesso più di una – malattia cronica non può essere guarito, ma deve essere accompagnato in un percorso di cura il cui obiettivo è il mantenimento e la promozione della migliore qualità della vita possibile e non la guarigione. Questo vale per lo scompenso cardiaco, il diabete, la broncopneumopatia cronica, la insufficienza renale cronica, le demenze e tante altre malattie ancora. Con la popolazione che invecchia il peso della cronicità aumenta e aumenta il bisogno di una sanità che se ne sappia far carico. Ecco un altro termine entrato nell’uso comune, prendere in carico, a rischio di essere svuotato di contenuto se ripetuto senza consapevolezza del suo reale significato. Prendere in carico vuol dire “adesso a te pensiamo noi”. Vuol dire accompagnare la persona con una condizione di cronicità pesante nella rete dei servizi di cui ha bisogno lui e la sua famiglia.

Di tutto questo il PNRR tiene conto e per tutto questo prevede una sanità territoriale con strutture, funzioni, tecnologie, figure professionali e modalità organizzative nuove. Le nuove strutture sono le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità, le nuove funzioni sono quelle delle Centrali Operative Territoriali, le nuove figure professionali sono gli infermieri di famiglia e di comunità, le nuove tecnologie sono quelle della telemedicina, le nuove modalità organizzative sono quelle del lavoro multiprofessionale in equipe  con il coinvolgimento dei medici di medicina generale non più isolati nel loro ambulatorio individuale.

In questa sanità del PNRR anche l’ospedale deve cambiare.  Sono previsti per lui finanziamenti per l’adeguamento tecnologico, la digitalizzazione e la sicurezza sismica. Ma è prevista anche una sua collocazione all’interno di una rete regionale rivista e resa più razionale.

In estrema sintesi, dunque, il PNRR finanzia “cose” (interventi su edifici e acquisizione di tecnologie e quel che serve per la  digitalizzazione) per realizzare “progetti” in cui il sistema sanitario evolve verso un modello complessivamente diverso. Evoluzione che dovrebbe avvenire in un percorso trasparente e condiviso.

Quello che sta succedendo nelle Marche è invece totalmente diverso. In modo non trasparente e assolutamente non condiviso al di fuori di un qualunque progetto circolano elenchi con continui aggiustamenti in cui si collocano qui e là le “cose” (ad esempio le Case della Salute, gli Ospedali di Comunità, gli interventi antisismici e le tecnologie), ma non esistono progetti.

Quando ero piccolo mio papà Carabiniere mi portava sempre in Caserma (o era la Stazione?) a prendere un regalo per la Befana. Ecco, quegli elenchi della Giunta mi ricordano tanto quei regali. Così vengono gestiti i fondi del PNRR per la sanità delle Marche. Che entrava vecchia nel PNRR e ne uscirà di questo passo ancor più obsoleta. Come la politica che lo sta gestendo come se dovesse distribuire regali suoi, quando di suo non ha messo niente.

Claudio Maria Maffei

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