Dalla disgrazia un’occasione di svolta

In questa fase di ansia collettiva a causa del diffondersi del virus Covid-19 è doverosa una riflessione sul nostro stile di vita. Ma non solo per continuare a dire che dev’essere più salutare e prudente. Occorre andare più in profondità. Molti ripetono che d’ora in poi tutto cambierà, ma poi resta il vuoto dell’incertezza, si ammutolisce.

Che cosa, come cambierà?

Di fronte a un male che minaccia l’umanità intera bisogna tornare alla ragione, che è l’organo di sintesi capace di tenere insieme gli affetti, la compassione solidale, la percezione della realtà, la capacità di dialogo tra le persone, il riconoscimento dei valori più alti. Non c’è esercizio della responsabilità personale e collettiva senza l’orientamento della ragione. Dobbiamo aprire finalmente gli occhi sul fatto che la ragione, nella sua forma essenziale, non è fatta semplicemente di cervello e riflessione, ma consiste anzitutto nella nostra umanità. È grazie all’umanità di cui siamo capaci, infatti, che capiamo veramente le cose della vita.

Qualunque tipo di male ci colpisca – che sia una guerra, un terremoto o un virus – è ben diversa la qualità della nostra risposta. Essa dipende da noi: se siamo un’umanità ignorante della propria dignità, divisa, persa dietro ideologie di competizione, di profitto, sessiste o razziste, oppure se siamo una comunità solidale e democratica. L’arrivo di una grande disgrazia, di per sé, non migliora gli individui e le collettività. Ogni volta si riproduce la solita divisione tra chi ha mezzi, denaro e poteri per tutelarsi e chi è povero e privo di altre risorse, tra popoli arricchiti e popoli depredati. La disgrazia diventa indirettamente occasione di svolta solo se si risponde attingendo alla ragione, cioè all’intelligenza del cuore, della mente e dell’esperienza della dignità umana.

Perciò ora è tempo di attingere alle nostre forze interiori, orientandosi secondo ragione. Così possiamo subito percepire la prima evidenza della vita, che in questi decenni è stata oscurata: siamo una sola umanità sulla stessa terra, un’unica comunità che ha la stessa dimora. Dunque ogni logica di competizione, di isolamento, di sfruttamento, di respingimento o di “autonomia differenziata” porta a crimini contro l’umanità. Il mio nemico non è l’altro essere umano, ma è il male che viene da cause fisiche imponderabili e soprattutto il male che viene dalla violenza e dall’iniquità, entrambe figlie della sete di potere. Se si comprendesse questa evidenza solare, allora avremmo in mano la chiave per aprire qualsiasi via di liberazione.

La ragione comune, indivisibile, ha natura etica, non tecnica. E l’etica non è una teoria, è la capacità concreta di dedicarsi al bene comune superando l’egocentrismo del “prima io” o “prima noi”. Solo da questa capacità umana di trasformare la sofferenza in passione per la giustizia possono sorgere la nuova politica, la nuova economia, la nuova cultura dell’umanità. Ormai è sotto i nostri occhi la verità del fatto che la società non è un mercato, né una caserma, ma dev’essere una comunità in armonia con la natura. Questo vale in particolare per le Marche, per una regione chiamata a essere comunitaria e ospitale, nel suo stile di vita, dalla sua geografia e dalla sua tradizione.

Solo chi è perso dentro logiche di potere può snobbare questa riflessione riducendola a generica filantropia. In realtà si tratta di porre fine politicamente, con decisione, alle divisioni che mortificano chi ha di meno e per questo si crede che sia qualcuno che è di meno, uno scarto, una non-persona. Chi è sfruttato, costretto a migrare o a essere disoccupato, chi è vecchio o malato, chi di solito è sottomesso ad altri per qualunque ragione: tutta questa maggioranza dell’umanità sembra sia invisibile e irrilevante. Oggi che ci sentiamo minacciati dal virus Covid-19 ci accorgiamo di quanto sia terribile la precarietà esistenziale: ma quando, come del resto tuttora accade, essa colpiva gli esclusi, gli sfruttati, i migranti, i senza dimora, nell’opinione pubblica non c’era alcuno scandalo.

Ormai è chiaro quale dovrà essere il nuovo modo di vivere dopo il trauma del diffondersi del virus: da subito – nelle Marche, in Italia e nel mondo intero – bisogna dare seguito alla solidarietà come chiave della giustizia.

La giustizia che risana le situazioni inique, risollevando le vittime, è a sua volta il nuovo metodo della politica, dell’economia e della cultura.

Ascoltare la ragione, in modo che stavolta diventi l’orientamento prevalente nella società, è il passaggio che dobbiamo compiere nei nostri atti quotidiani. Sarebbe vano seguire le norme di prudenza sanitaria senza seguire quelle del coraggio etico e civile.

Nessuno pensi di tutelare se stesso senza fare la propria parte per contribuire alla liberazione degli altri.

Roberto Mancini

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