La pericolosa deriva populista della gestione della sanità da parte della Giunta Acquaroli

Non ho molta dimestichezza con le categorie della politica e quindi sul populismo mi sono dovuto documentare. Secondo la Treccani il populismo può essere definito fra l’altro come “atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi”.

Lasciamo perdere il riferimento al socialismo, per il resto la politica sanitaria della Giunta Acquaroli si merita abbondantemente la definizione di populista quanto a demagogia e velleitarismo nel rispondere alle presunte aspettative del popolo. Tutta la azione di governo della sanità della Giunta Acquaroli è orientata ad una azione di pura propaganda in cui si finge di andare incontro alle varie istanze locali, come se fosse possibile farlo senza mettere in crisi l’intero sistema.

Due clamorosi esempi vengono gli ultimi giorni dal pesarese. Prima il 17 giugno a Sassocorvaro Auditore la Giunta inaugura (o meglio avrebbe inaugurato) la serie di incontri dal titolo “La Regione ascolta i territori” finalizzata a programmare “insieme” il nuovo assetto della sanità marchigiana. In questa occasione si è ventilata l’ipotesi di riapertura del Punto di Primo Intervento ospedaliero a Sassocorvaro (dove c’è oggi un Ospedale di Comunità) dando la speranza agli amministratori locali di un ritorno all’ospedale di un tempo. Poi il 24 giugno esce sui media la comunicazione che il prossimo lunedì (dopodomani) andrà in Giunta la comunicazione dell’Assessorato alla Sanità con cui si chiede di portare in Consiglio la modifica al precedente Piano socio-sanitario per giungere alla realizzazione del nuovo ospedale di Pesaro. Niente più ospedale unico di Marche Nord. E l’Ospedale di Fano? Manterrà nelle intenzioni della Giunta “le sue prerogative attuali restando Dipartimento di Emergenza ed Accettazione di Primo Livello”.

Lo spazio di questo post non è sufficiente nel dettaglio per illustrare i motivi per cui queste due scelte sono tecnicamente velleitarie e quindi demagogiche e, a loro modo, antidemocratiche. Però in termini generali è possibile farlo e ci proviamo.

Le linee che caratterizzano una “buona” organizzazione sanitaria sono in fondo semplici. La prima è quella di portare sempre più a domicilio e nel territorio la risposta ai bisogni dei cittadini perché (questo è anche lo slogan del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) “la casa è il primo luogo di cura”. E nel concetto di casa allargato includiamo anche le strutture sociosanitarie per chi a casa propria non può essere assistito. La seconda è quella di potenziare le attività di prevenzione perché la salute per un 20% è qualità delle cure e per l’80% è qualità della società e dell’ambiente. La terza è quella di rendere razionale e quindi più concentrata la rete ospedaliera che quando è troppo dispersa perde sia di efficacia che di efficienza. La quarta è quella di rendere capillare il Sistema dell’Emergenza Territoriale in modo da dare sicurezza a tutti i territori, in particolari quelli meno serviti dalla rete ospedaliera.

L’equilibrio tra queste quattro componenti si regge sulla capacità di distribuire le risorse, in particolare quelle umane, in modo da consentire il mantenimento ed il miglioramento dei livelli di assistenza offerti ai cittadini, a tutti i cittadini. Di alcune figure professionali, in articolare di alcuni specialisti medici e degli infermieri (ma non solo), vi è già oggi una drammatica carenza, testimoniata ad esempio dalla drammatica situazione delle strutture socioassistenziali per anziani prevalentemente a gestione privata (il privato cosiddetto sociale) cui la fuga degli infermieri verso gli ospedali pubblici crea problemi di continuità della attività già ora in concomitanza del periodo di ferie di cui il (poco) personale a disposizione ha diritto. Altra drammatica testimonianza di questa carenza è il fatto che in alcuni Servizi di Pronto Soccorso delle Marche alcuni turni vengono coperti da personale medico messo a disposizione da delle Cooperative.

In un situazione come questa la nuova Giunta, senza analisi e senza dati, promette quello che non può dare con un senso di irresponsabilità che è tipico dei populisti: riapertura dei piccoli ospedali e mantenimento delle prerogative (sulla carta) di tutti gli attuali ospedali. È ovvio che quello che è stato promesso a Sassocorvaro lo si è promesso anche a tutti o a buona parte degli altri 12 piccoli ospedali convertiti in Ospedali di Comunità ed è ovvio che quello che si è promesso a Pesaro e a Fano lo si è promesso anche a tutte le altre realtà ospedaliere delle Marche, a partire da quelle per cui era stato ipotizzato dalla precedente Giunta una analoga riunificazione di due ospedali in uno (Macerata-Civitanova Marche e Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto). Sfido chiunque a presentare un progetto “compatibile” che faccia proprie e renda operative queste scelte della Giunta. Una Giunta che finge l’ascolto del territorio con incontri come quello di Sassocorvaro, spacciato per il primo di una serie di incontri preparatori del nuovo Piano Sociosanitario. Sono passati 10 giorni, di altri incontri ancora non si parla e sì che il loro ritmo dovrebbe essere ben serrato visto che con i suoi meno di 5.000 abitanti il Comune di Sassocorvaro Auditore è oltre il cinquantesimo posto nelle Marche come popolazione.

Purtroppo questa propaganda populista si alimenta delle risposte non date dalle precedenti Giunte (teoricamente di centro-sinistra) ed è capace per questo di raccogliere ancora consensi, grazie anche a questo stile apparentemente cordiale e aperto di rapporto con le comunità locali della nuova Giunta. In questo stile io ci vedo forti elementi di non-democrazia, caratterizzato com’è da una assoluta mancanza di trasparenza nelle analisi che dovrebbero supportare le scelte e renderle quindi credibili e non solo propagandistiche.

Ultimo punto: la complicità/silenzio dei tecnici dell’apparato che non possono non vedere quello che ho cercato di raccontare. Tecnici che non possono non conoscere le implicazioni di quelle scelte che portano la sanità delle Marche nella strada sbagliata, ma che fanno il gioco che si chiede loro: scrivono gli atti, fanno finta di renderli operativi e partecipano alle foto di gruppo.

Claudio Maria Maffei

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