Nello specchio del 25 aprile

Sembra una vicenda lontana, che porta solo divisione tra gli italiani. È vero il contrario. Anzitutto perché italiano, in senso proprio, è chi si riconosce nella Costituzione della Repubblica e la difende. Poi perché a ogni ricorrenza della Festa della Liberazione si rinnova per noi un passaggio di verifica, dove le vittime del nazifascismo tornano a chiederci: che cosa ne avete fatto della libertà e della giustizia? A loro si aggiungono le vittime attuali di ogni oppressione. Perciò la celebrazione della Liberazione dalla dittatura e dalla guerra può essere vissuta solo se si è impegnati a sviluppare giustizia, pace e democrazia nel tempo presente.

La tragedia attuale rivela come le ideologie di potere (del Mercato e del Capitale, oppure della Nazione e dal Capo supremo) siano ideologie di morte. Coltivano la violenza nella società, fanno guerra alla natura, ripudiano il bene comune. Seguendo la via del neoliberismo o quella del sovranismo populista (due ideologie avversarie solo in apparenza) prima o poi si arriva sempre al fascismo. Il terreno di coltura di questo virus, come ha scritto lo psicanalista Christopher Bollas (nel libro L’età dello smarrimento, Raffaello Cortina editore), è “il dilagare del cinismo, che alimenta un atteggiamento di indifferenza nei confronti dei diritti umani e della salvezza del nostro pianeta”. L’unica via giusta e percorribile resta quella dei sentimenti, dei pensieri e dei comportamenti tipici della democrazia, rigenerata come forma di società (prima ancora che come forma di governo) dove ogni essere umano è accolto, rispettato, e dove la natura è salvaguardata.

C’è chi crede che il fascismo stesso sia finito nel 1945. In realtà esso sorge da una mentalità permanente. Già nella sua stagione inaugurale ebbe più versioni, dal prototipo del fascismo italiano al nazismo sino al franchismo. Da allora il fascismo riemerge con sembianze diverse, dai gruppi clandestini ai partiti che hanno libero movimento nella vita pubblica, dal negazionismo all’antisemitismo, dai tentativi di golpe a quei governi che sono guidati da autocrati e dittatori. C’è una costellazione di fattori che sono espressione della stessa sindrome: angoscia collettiva e incapacità di capire le cause del malessere; ottusità etica e perdita di contatto con la realtà; concentrazione del potere e guida del cosiddetto “uomo forte”; masse imbevute di propaganda e paranoia persecutoria rivolta contro chi è più debole; occupazione delle istituzioni e uso sistematico della violenza. 

Qualsiasi sistema politico che sia fondato sul potere, invece che sulla giustizia, tende a fondere in sé violenza e ordinamento della vita collettiva. Abbiamo così una violenza mitigata e diluita in forme di organizzazione che lasciano qualche margine di libertà e di tutela dei diritti. Invece il fascismo è violenza allo stato puro, ne è l’esaltazione e l’organizzazione sistematica. La società che ne deriva è una società ammutolita, dove pochi urlano ordini e tutti gli altri sono messi a tacere. Contro e oltre tutto questo, come cittadini dobbiamo riprendere pienamente la parola, che vive nel dialogo, nel dire onestamente come stanno le cose, e vive nelle azioni che rinnovano la società. Gianni Rodari diceva che la parola creativa va restituita a ognuno di noi “non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo”.

È evidente che oggi dobbiamo non solo festeggiare la Liberazione, ma anche realizzarla. Bisogna dare vita a un grande percorso di ri-cittadinanza, cioè di riqualificazione della cittadinanza per tutti, da svolgere assumendo la Costituzione della Repubblica come testo generativo che indica i criteri per trovare la soluzione ai problemi. Ciò implica di lavorare per la loro attuazione con coscienza etica, creatività, immaginazione politica, saggezza organizzativa, conoscenza avanzata e partecipazione responsabile.

In ogni serio dibattito sulla crisi attuale si indicano la trasformazione dell’economia, la pratica della solidarietà universale e il passaggio dalla civiltà del capitale alla civiltà ecologica come le vere svolte vitali per l’umanità. Ma chi le realizzerà? La festa del 25 aprile è come uno specchio, nel quale possiamo riconoscere il nostro volto tra quello delle donne e degli uomini che devono fare la loro parte per la nuova Liberazione.

La rinascita della società sarà faticosa, dolorosa, contrastata. Ma avverrà. E avverrà grazie alle persone, ai movimenti, alle associazioni, alle comunità, alle scuole, alle università, agli ospedali, ai comuni, alle regioni – come grazie anche ai governi, ai partiti, ai sindacati disponibili – che in tutto il mondo non daranno credito né alla violenza, né al potere o al capitale e nemmeno alla rassegnazione. Avranno ben altro da fare: prendersi cura della vita comune perché tutto, ogni cosa, sia vissuto con giustizia e libertà, senza sacrificare nessuno.

Roberto Mancini

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