Per una cultura della pace e della solidarietà

Molto spesso quando affrontiamo la tematica della guerra pensiamo a qualcosa di distante da noi in quanto la percepiamo come un problema che non ci riguarda da vicino. La cosa più preoccupante secondo me è che ormai quando sentiamo anche al telegiornale che due stati sono in guerra, questa notizia non ci tocca più di tanto, perché ci sembra qualcosa di normale, che nel corso della storia c’è sempre stato e a cui non si può porre rimedio in alcun modo.

Questo perché noi siamo immersi in una cultura in cui da sempre la guerra è l’unica modalità di risoluzione dei conflitti, ma alcune ricerche antropologiche hanno dimostrato che non è così. Infatti in altre culture organizzate diversamente sul piano politico le conflittualità vengono affrontate e superate in modi differenti che non prevedono il ricorso a guerre distruttive.

Possiamo dunque dire che la cultura influenza molto l’ideologia di un popolo in quanto ognuno ha una propria visione in base all’ambiente in cui si trova immerso e alla cultura del proprio paese. Questo però non significa che ogni paese deve accettare la propria cultura come unica e indiscutibile e bloccare la strada alla possibilità di apprendere anche dalle altre culture di altri paesi.

La guerra, infatti, come sappiamo, ha solamente ripercussioni negative sugli esseri umani, in quanto provoca moltissime vittime, danni economici, traumi e lacerazioni, motivo per cui bisognerebbe cercare di porre rimedio ad essa. Non dobbiamo dunque chiuderci all’idea che la guerra sia qualcosa di naturale che fa parte dell’umanità, ma dobbiamo adottare gli strumenti necessari per combattere questa ideologia comune.

Secondo me uno degli strumenti fondamentali è l’educazione, infatti come afferma Maria Montessori l’educazione è l’arma della pace in quanto il bambino può essere educato affinché comprenda valori come l’amore verso gli altri e l’ambiente, il rispetto e il saper instaurare rapporti pacifici di amicizia con gli altri preoccupandosi delle loro necessità e ascoltandoli in caso di bisogno. Se al bambino dunque vengono proposti questi valori ed egli cresce in un ambiente in cui si sente amato, nel corso della sua vita difficilmente adotterà atteggiamenti violenti con altre persone. Il problema quindi nasce nel momento in cui il bambino cresce in un ambiente dove non è amato e gli vengono trasmessi valori negativi con la consapevolezza che nella vita bisogna lottare e scontrarsi con gli altri per ottenere ciò che si vuole. L’educazione gioca dunque un ruolo davvero importante nella crescita del bambino che può sviluppare un atteggiamento piuttosto che un altro: la sofferenza il dolore e la convinzione che fare del male sia giusto, quindi, non sono cose strettamente connesse alla natura umana, ma si possono combattere educando i bambini a valori che favoriscano la pace.

Tutti parlano di pace ma effettivamente cosa si intende con questa parola? Essa è considerata come un’interruzione del conflitto ma secondo me è sbagliato intendere il concetto in questo modo in quanto bisogna educare alla pace per porre rimedio per sempre alla guerra e non deve trattarsi di un limitato periodo di tempo per poi tornare di nuovo a scontrarsi, ma è necessario fare in modo che tutti vivano serenamente senza dover piangere i propri cari che perdono la vita combattendo. Il problema dunque è che nessuno è educato realmente alla pace per cui ci troviamo immersi in un loop continuo in cui ogni tanto uno stato dichiara Guerra ad un altro con conseguenze disastrose.

Rispetto al passato possiamo dire che c’è stata un’evoluzione sotto vari punti di vista – economici, politici, sanitari – ma nonostante ciò la guerra continua ad essere tuttora un motivo di discussione nella nostra vita proprio perché è percepita come un fattore strettamente legato alla natura dell’essere umano nella nostra cultura. Lo sviluppo non ha prodotto quindi cambiamenti sotto questo punto di vista ma bisognerebbe una volta per tutte slegarsi dalle ideologie che ci vengono trasmesse attraverso la cultura e valutare le possibilità di trarre nuovi elementi positivi da altre culture soprattutto se questo può portare dei vantaggi nella nostra vita come nel caso di una cultura della Pace e della solidarietà.

Sofia De Santis, 18 anni