Perché il governo attuale della sanità delle Marche deve preoccupare e mobilitare le forze sociali

Chiedo innanzitutto scusa e un surplus di impegno a chi legge questa rubrica: oggi non mi risulterà possibile essere troppo sintetico. Se lo fossi sarei ancora più superficiale di come comunque sarò. Il tema è infatti complesso e merita un approfondimento particolare: vorrei provare a dare una valutazione complessiva al modo in cui la Regione Marche sta governando la sanità. Cercherò di farlo andando al di là dei singoli problemi (pure importantissimi come la gestione sempre difficile della pandemia o la vicenda Rapagnano su cui è in atto una giustificatissima mobilitazione) per capire se nella azione di governo della sanità marchigiana c’è una risposta adeguata e condivisa alle scadenze che la attendono.

La situazione che la attuale Giunta ha ereditato era difficile. Per comodità di chi legge la descrivo in allegato, così partiamo dal presente (cosa sempre più interessante). Il presente è rappresentato dalle opportunità offerte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNNR) e dal Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025.

Il PNNR coi suoi 20 milioni di euro per la Mission 6 (salute) parte dalla presa d’atto che oggi i problemi prioritari di salute sono rappresentati dalle malattie croniche nei cui confronti la sola risposta ospedaliera è spesso inefficace e comunque sempre parziale. Su questa base propone e finanzia:

  1. la forte valorizzazione del territorio come luogo di cura e quindi il potenziamento di tutti i livelli organizzativi in cui il territorio si articola (ambulatoriale, domiciliare e residenziale con il supporto della telemedicina, delle Case della Comunità, degli Ospedali di Comunità e delle Centrali Operative Territoriali);
  2. il passaggio da un modello di assistenza passivo (a domanda rispondo) a un modello proattivo (anticipo la tua domanda) in cui i pazienti cronici a maggior rischio di avere problemi di salute, compresi quelli di natura sociale, vengono identificati e presi in carico dai servizi;
  3. il passaggio da un modello di cure primarie centrato sull’ambulatorio del singolo Medico di Medicina Generale ad un modello centrato su equipe multiprofessionali con il contributo di nuove figure come l’infermiere di famiglia e di comunità e con la stretta integrazione tra servizi sanitari e sociali;
  4. il forte coinvolgimento delle comunità;
  5. la valorizzazione del ruolo del paziente e del suo contesto familiare e sociale di riferimento.

Il Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) pure presenta elementi fortemente innovativi quali la scelta di:

  • sostenere il riorientamento di tutto il sistema della prevenzione verso un “approccio” di Promozione della Salute. La prevenzione tende a ragionare per singola malattia o problema, la promozione tende a ragionare complessivamente su tutto ciò che influisce sulla nostra salute;
  • tenere conto che per agire efficacemente su tutti i fattori che influiscono sulla salute sono necessarie alleanze e sinergie intersettoriali tra forze diverse, secondo il principio della “Salute in tutte le Politiche” (da quella ambientale a quella urbanistica, da quella scolastica a quella sportiva):
  • migliorare l’approccio per “contesti”, favorendo una maggiore interazione tra tutti i contesti (la scuola, l’ambiente di lavoro, la comunità e i servizi sanitari) e individuando l’Ente locale (Comune) quale “super-contesto” in cui gli altri convergono;
  • perseguire l’approccio di genere come un cambio di prospettiva e culturale affinché la valutazione delle variabili biologiche, ambientali e sociali, dalle quali possono dipendere le differenze dello stato di salute tra i sessi, diventi una pratica ordinaria.

Ma dove il PNP fa (o meglio farebbe) fare un grande passo in avanti alle politiche di prevenzione delle Regioni è dove prevede che il profilo di salute ed equità della comunità rappresenti il punto di partenza per la condivisione con la comunità e l’identificazione di obiettivi, priorità e azioni sui quali attivare le risorse della prevenzione e al tempo stesso misurare i cambiamenti del contesto e dello stato di salute, confrontare l’offerta dei servizi con i bisogni della popolazione, monitorando e valutando lo stato di avanzamento nonché l’efficacia delle azioni messe in campo.

Entro poche settimane la Regione dovrebbe presentare i propri progetti di trasferimento nella nostra Regione sia del PNRR che del PNP. Ne avete sentito parlare? Avete sentito parlare di profilo di salute ed equità? Nei giri di propaganda che la Giunta fa nei territori pensate o vi risulta che si parli di come questi Piani e del loro impatto sulla salute dei marchigiani e sulla organizzazione dei servizi che quella salute dovrebbero non solo tutelare ma anche promuovere? La risposta a queste domande è unica: no.

In questo quadro di opportunità da cogliere, qual è la sintesi che si può fare dell’attuale governo della sanità delle Marche:

  • non c’è interesse per i servizi territoriali;
  • non esiste l’Agenzia Regionale Sanitaria;
  • tutto l’interesse in modo patologico è concentrato sugli ospedali;
  • sulla rete ospedaliera si stanno facendo errori gravissimi e irreparabili;
  • la scelta del megadirigente della sanità regionale (cui vanno comunque gli auguri di buon lavoro) proviene da una realtà molto diversa, la Regione Lombardia, che è meglio rimanga distante oltre che diversa;
  • il confronto partecipato sulla politica sanitaria della Regione è di fatto azzerato;
  • al confronto sui dati si è sostituita la propaganda con promesse.

Per tutto questo e per molto altro le forze sociali dovrebbero preoccuparsi e mobilitarsi.

Allegato: le criticità lasciate sulla sanità dalla precedente Giunta

Proviamo ad elencare alcune (solo alcune sia chiaro) delle criticità che la precedente Giunta aveva “lasciato”. Dal punto di vista dei servizi emergevano queste quattro questioni fondamentali:

  • la drammatica carenza nei servizi territoriali: dai distretti ai Dipartimenti di Prevenzione con “buchi” e disservizi in tutte le aree dalla salute mentale e neuropsichiatria infantile alla rete delle cure palliative, alla assistenza domiciliare e residenziale e alla rete epidemiologica. Ma l’elenco potrebbe essere molto più lungo;
  • una mancata revisione della rete ospedaliera ridondante come numero di strutture, ma carente in termini di prestazioni e di integrazione col territorio oltre che incapace di frenare la mobilità passiva;
  • una sofferenza delle aree interne a cui erano stati sottratti i piccoli ospedali e a cui in cambio non era stato dato quasi niente;
  • un crescente spazio dato ai privati senza aver fatto crescere la capacità di orientare e controllare il loro ruolo.

Dal punto di vista invece del modello di governo emergevano come elementi critici più significativi della precedente Giunta:

  • la rinuncia alla condivisione dei dati e delle analisi come pre-requisito delle scelte di governo. La azione di governo è stata ispirata al modello della autocrazia elettiva: sono stato eletto e quindi decido. Ne sono derivate la scomparsa dai siti e dai documenti regionali delle informazioni necessarie per una partecipazione consapevole;
  • una perdita di ruolo delle forze sociali mai chiamate al vero confronto come testimoniato dalla vicenda del Piano Sociosanitario, un inutile documento che non ha fornito alcun contributo utile di analisi e proposta;
  • il distacco da cittadini e operatori mai chiamati a esprimere il loro punto di vista;
  • l’utilizzo di manager di Direttori e dirigenti ispirato al modello della mediocrazia: gestiscano le scelte, ma non le discutano.

Claudio Maria Maffei

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