Pressione dal basso, lotta diffusa, costruzione di una sponda in parlamento

Come sempre l’invito al dibattito e al pensiero collettivo, quando è avanzato da Roberto Mancini, prende la forma di un confronto sincero e posato, non per questo esente da conflittualità generative. Mi interessano queste, soprattutto, oggi che la domanda intorno alle vicende nazionali (elettorali e non) impone a Dipende da Noi di essere seme per una trasformazione radicale dell’esistente. Possiamo comprendere dove siamo diretti – e dove vorremmo dirigerci – solo se abbiamo chiare le coordinate del presente. Sul piano economico, politico, ecologico, sanitario l’Italia è in rovina. Nessuna autodeterminazione rispetto a interessi terzi, sia da parte degli stati egemoni sia delle multinazionali e dei centri del potere finanziario.

Lo stato di emergenza come metodo di governo, prima “sanitario” e ora “di guerra”, dice che il pilota automatico del tecno-capitalismo neoliberale (a guida americana) non può consentire che una compagine politica incrini il dogma “privatizzazione dei profitti, socializzazione delle perdite”. Ne seguono strategie politiche e comunicative convergenti, che vedono mass media, élite finanziarie e ceto politico compatti nel costruire finti capri espiatori (prima i no-vax, oggi i putinisti d’Italia) al fine di silenziare il conflitto democratico e l’uso della ragione. Abbiamo conosciuto,  in questo clima soffocante, lo scempio di dispositivi di controllo come il green pass, il totale disinteresse per la sanità pubblica e la medicina territoriale, la diffamazione di chiunque ponga domande o avanzi un pensiero non omologato, fino all’attuale cobelligeranza effettiva nella guerra in Ucraina indetta da quasi l’interezza del Parlamento nonostante più del 50% degli italiani sia contrario all’invio di armi. Chi osa mettere in questione la narrazione dominante viene dissuaso a forza, isolato e bullizzato, o persino accomunato a Putin passando per liste di proscrizione pubblicate sui principali (e schieratissimi) quotidiani borghesi italiani.

Dentro la NATO e dentro questa Unione Europea debole, ipocrita e incapace di visione, il destino dei ceti medi e subalterni è già scritto. Lo vedremo a partire dall’autunno. Dalla mia prospettiva è evidente che l’individualismo gaudente e consumistico promosso dal regime neoliberale, dovrà in parte rimanere per sostenere il motore reale e ideologico dell’accumulazione capitalistica. Ma la riconfigurazione dei rapporti di forza mondiali (ormai tendente, per mano dell’alleanza atlantica e non solo per l’invasione russa in Ucraina, a un preoccupante bipolarismo globale, dunque a una nuova e spietata Guerra Fredda-Calda con rischio di deriva atomica), dice che il controllo sociale sarà sempre più duro, violento e colpevolizzante. L’indifferenza totale per la protezione degli ecosistemi e per il rilancio del Welfare, conferma che l’induzione al consumo andrà di pari passo con crescenti costrizioni degli spazi di libertà (individuali e collettivi). Pensiamo alle proposte che qua e là circolano in merito alla cittadinanza a punti e alla cancellazione di diritti costituzionali per chi non si conformi a determinati stili di vita, ovviamente presentati come “rispettosi del bene comune”. Nel frattempo i custodi del tecno-capitalismo sanno – perché è una tendenza pluridecennale – che gli affari migliori si fanno depredando proprio i beni comuni, infiltrandoli con logiche di competizione e di profitto. Dobbiamo tenere insieme e leggere dentro un quadro coerente quanto accaduto dal 2020 a oggi, pena il mancare completamente l’appuntamento con la storia e aprire praterie ai populismi autoritari (dove, vorrei fosse chiaro, già gli attuali governi liberisti vanno intesi come esperimenti autoritari allo stadio avanzato, con o senza le maschere grottesche dei Meloni e Salvini, che peraltro crescono di consenso quanto più la sinistra abbandona la sua ragion d’essere). Ecco quindi che Dipende da Noi, a mio parere, può solo essere fedele alla sua vocazione di sinistra etica. Farlo implica, per parlare fuori dai denti, cancellare subito e definitivamente qualunque tentazione di dedicarsi ai due corni di un dilemma inesistente. Il Partito Democratico, sul versante nazionale (perché a livello locale non escludo la presenza di persone responsabili e rispettabili) è strutturalmente il rappresentante migliore degli interessi USA/NATO nel nostro Paese, proprio per la sua fedeltà cieca al peggio del mercatismo contemporaneo e per vaghe sfumature progressiste che servono da abile illusionismo. Insomma, e senza girarci attorno, da lustri il centro-sinistra tutto, e il PD che lo tiene in ostaggio, hanno abbondato in pratiche di green e pink washing, non facendo nulla di serio per rispondere all’emergenza ecologica e alle esigenze femministe antisistema. Nessun campo largo potrà mai correggere la piega presa dai “progressisti” di governo dopo il 1989. D’altro lato, non ha nessun senso sostenere un progetto costruito in fretta e furia per raggiungere l’1%. E qui parlo dell’avventura capitanata da Luigi De Magistris. Questo, ovviamente, al netto della libertà di coscienza dei militanti/simpatizzanti di Dipende da Noi, che sceglieranno nell’urna cosa e chi votare. Allora che si fa? È qui che io avanzo la mia proposta, per quel che vale. Credo che, in attesa che nasca un soggetto elettorale davvero rappresentativo dei movimenti, sia opportuno unire le energie e – mentre continuiamo ovunque le nostre attività antiliberiste e per la trasformazione, nonché per la difesa dei beni comuni – rivolgerci a quelle forze parlamentari che coerentemente stanno facendo opposizione a Draghi e ai partiti che ancora lo appoggiano. Al momento mi vengono in mente Alternativa e ManifestA. Anche Sinistra Italiana, abbandonata la sindrome di Stoccolma che la vota alla ricerca di intese con il PD, farebbe del bene trovando punti di incontro con le altre sigle che ho ricordato. Ad esse avranno il coraggio di aggiungersi ulteriori transfughi del Movimento Cinquestelle? Meglio, ma è tutto da vedere, poiché l’ultima scissione operata da Di Maio è tutta interna al piano draghiano di omologazione totale dello spazio politico rappresentativo. Ecco, realisticamente Dipende da Noi potrebbe interagire con liste civiche nazionali e forze regionali critiche verso il tecno-capitalismo emergenziale e di guerra, per tentare di invitare espressamente le forze di opposizione in Parlamento a unirsi e a portare avanti nel 2023 un programma alternativo a quello condiviso nei fatti da centro-destra e centro-sinistra.

Programma che potrebbe/dovrebbe nascere rimanendo aperto agli spunti dei territori, non solo da parte degli iscritti ai partiti sunnominati, ma anche dei simpatizzanti del progetto di “liberazione”. Partirei da pochi punti di una chiarezza imbarazzante, ma fondamentali se pensiamo allo tsunami di disagio che colpirà milioni di persone come effetto delle crisi sistemiche in corso e della scellerata gestione della questione geopolitica internazionale:

  • Salario minimo, creazione di un reddito di base garantito, lotta al precariato e alla grande evasione.
  • Pacifismo sostanziale e ragionato, taglio delle spese militari, adesione a tutti i trattati che possano condurre al disarmo nucleare multilaterale.
  • Rifiuto – in materia di epidemie e simili – di qualunque strumento affine al green pass e di obblighi controproducenti che inaspriscono l’ostilità verso le istituzioni, promozione di una democrazia cognitiva diffusa, investimenti massicci sulla sanità pubblica e sulla medicina territoriale, cammino verso la liberalizzazione dei brevetti relativi ai farmaci salvavita.
  • Promozione delle economie alternative, sostegno alle tecnologie di decrescita (risparmio energetico, riuso, riciclo, chiusura dei segmenti produttivi inutili e inquinanti…), supporto alla piccola e media impresa se in linea con le esigenze di sostenibilità ambientale e antropologica delle persone, investimenti massicci sulle energie rinnovabili, pianificazione della transizione verso un mobilità dolce ed ecocompatibile.
  • Orientamento a una definitiva presa di autonomia rispetto alla NATO, con fuoriuscita dall’orbita di influenza di qualunque alleanza transnazionale che non rispetti i diritti degli esseri umani e degli ecosistemi.

Per concludere mi rifaccio al titolo del mio intervento. Mi sembrano tre le azioni che possiamo fare subito, senza cadere negli estremi fatali del sostegno al PD e dell’irrilevanza antagonista: a) pressare dal basso le forze che attualmente in Parlamento fanno opposizione al governo Draghi e chiedere che convergano garantendo, al popolo italiano, qualcuno di votabile alle elezioni del 2023; b) continuare a partecipare, orizzontalmente e secondo il principio di intersezionalità, a tutte le battaglie per i beni comuni, i diritti dei migranti, i diritti civili…; c) verificare, sul terreno delle lotte (soprattutto insieme a La Società della Cura) se può emergere un soggetto collettivo che faccia espressamente da sponda ai movimenti per operare nelle istituzioni. Non si può escludere che tale soggetto nasca dal dialogo e dalla cooperazione anche con le forze a cui mi riferisco nel primo punto. In tal senso i tre passaggi vanno pensati come un circolo virtuoso, con forte interdipendenza tra i momenti in questione.

Paolo Bartolini

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